Autori
Italo Calvino
Gli uccelli di Paolo Uccello
Non si vedono uccelli nella pittura di Paolo Uccello. Sul suo mondo gremito i cieli sono deserti.
Si ha un bell'alzare gli occhi: non si vedono pennuti volare nè posarsi sui rami degli alberi.
(Abbassando lo sguardo in un tranquillo paesaggio popolato da eremiti si può scorgere tutt'al più
un paio di trampolieri e tre cigni).
Gli uccelli che secondo le testimonianze scritte costellavano le sue tele, tanto da meritargli
il soprannome, dove saranno andati? Da chi sono stati messi in fuga? Dai guerrieri, certamente,
che con le loro lance rendono impraticabili le vie dell'aria e col frastuono di ferraglia zittiscono
gorgheggi e cinguettii.
Volati via dalla superficie colorata, gli uccelli si nascondono o svolazzano invisibili fuor
dei margini delle tavole dipinte. Aspettano il momento buono per tornare ad occupare il quadro.
Il tema vero delle piú famose opere di Paolo arrivate fino a noi è l'assenza degli uccelli,
un'assenza che pesa nell'aria, allarmante, minacciosa, ominosa.
I guerrieri si guardano intorno esitanti:-Perché gli uccelli sono scoparsi? Dove sono andati?
Perché lepri e levrieri e caprioli continuano a saltare nei campi e gli uccelli si nascondono?
Le scene rappresentate da Paolo Uccello che ancor oggi vediamo ne presuppongono altre,
che forse egli aveva dipinto e che si sono perdute: scene precedenti a queste,
- un mondo tutto battiti d'ali e trilli e becchettii, sorpreso e messo in fuga ai quattro venti
dall'invasione dei guerrieri, - e altre scene seguenti, - la controffensiva dei pennuti che
calano a fitti stormi e si posano sugli elmi, sugli spallacci, sulle cubitiere.
Corvi e avvoltoi alla fine della battaglia? No, già è stato notato che nelle
scene guerresche di Paolo Uccello si vede solo un morto steso al suolo; e del resto potrebb'essere
solo svenuto. Tutti gli uomini in campo sono vivi, quando il cielo s'oscura e l'aria è smossa da un
gran battere d'ali. I cavalli s'imbizzarriscono, lanciano nitriti di spavento.
La battaglia tra i due eserciti si trasforma in una battaglia contro gli uccelli, le spade alzano
mulinelli di piume, le lance si scuotono per liberarsi dagli artigli che le afferrano, sugli scudi
grandinano colpi di becco. A mettere fuori combattimento un cavallo ci vuol poco: una gazza gli ruba
i paraocchi dalle borchie luccicanti, un gheppio gli strappa il sottopancia, i colombacci gli sollevano
la gualdrappa. Così ti trovi appiedato, con l'ala d'una cornacchia tra la celata e il barbazzale, con un
gallo cedrone che ti slaccia a beccate la gorgera, con un'upupa appollaiata sul cimiero. La bocca ti si
riempie di penne di ghiandaia, e già non sai cosa in te è armatura, cosa è uomo e cosa è uccello.
Gridi per chiedere soccorso. Ecco si avvicina un altro guerriero, non importa se è un commilitone
o un nemico, ora siamo alleati contro gli uccelli. Il guerriero alza la visiera e ne esce un becco e
tondi occhi di gufo. Cerchi uno scudo che ti difenda e ti si para davanti un'ala con le penne remiganti
spiegate. S'alza uno spadone per proteggerti: no, lo brandisce un artiglio di rapace e l'abbatte su di te.
Code aguzze o a ventaglio spuntano di sotto ai fiancali, gli schinieri cingono esili zampe,
mentre le corazze mettono le penne, e le trombe emettono garriti, gorgheggi o versi striduli.
Si produce una metamorfosi in catena d'uomo in uccello e d'uccello in uomo; anzi a ben vedere,
dato che gli uomini s'erano in precedenza trasformati in crostacei indossando le armature, è tra
crostacei e pennuti che avviene la metamorfosi, uno scambio in cui non sai se e dove l'uomo esiste ancora.