Autori
Cesare Zavattini
Dario Serra
Verso sera è venuto uno di Torino, sui 23 anni, con un pacco di disegni e di olii su carta e cartoni,
parla con la calma di un adulto, e aspettava inesorabilmente da me un giudizio critico.
Dopo un lungo silenzio, sono uscito con questa frase oracolare però sincera: "credo che lei arriverà.
Anche se so sempre meno il significato di arriverà".
Pare che stia sempre per alzarsi un sipario sui suoi oggetti in penombra, di estrazione onirica più
che storica nel senso strettissimo; potrebbero essere, spostandosi appena un po' più a destra o a
sinistra, un membro o un cero votivo o un sedere con le sue note implicazioni o un'anima che confessa
le sue bestiarie metamorfosi.
Dalla sua stessa voce ho appreso che ha frequentato palcoscenici fin dalla più tenera età e che
stima il mio grande compaesano Danilo Donati, lo scenografo. Non a caso la sua immaginazione
parte talvolta dal decorativo e poi come una serpe si insinua nella buca del suggeritore tra le pagine
e il fascino di una drammaturgia settecentesca ben temperata, per rientrare nella società dove si
parla però di "transfert" se non proprio del marchese di Sade.
Mi ha espresso senza la minima enfasi alcune delle sue idee, piuttosto difficili per me, e di certo
pertinenti al suo vero essere. Dice che certi segni, colori, forme, gli ricorrono costantemente a volte
manifesti, altre volte nascostio deformati. A proposito di "ossessione" sarebbe imprudente attribuire
alla mia pittura dei contenuti congetturali - la trappola tesa dalla pittura colta - la pittura è forma
e colore e infine non esprime altro che le relazioni intercorrenti tra gli elementi che sono la sua
tecnica.