Autori
Paolo Viola
TIGRI
La forma sensibile che si presenta
nell’arte non è un punto di
partenza ma di arrivo.
Giorgio Colli
La mano, talvolta il pennello, la spugna, uno straccio, un soffio, spostano, smuovono il
nero fresco che ricopre la tavola asciutta oro e bianca. I segni nascono, s’intrecciano,
si sovrappongono, muoiono e rinascono; in un solo attimo si producono in strane metamorfosi e
finalmente sono fissati dall’aria. L’artista riapre i suoi occhi, indietreggia , diventa
un ’osservatore privilegiato e decide.
I segni, così casualmente combinati, fanno apparire una tigre. L’artista, con l’esercizio del suo
dono e qualche volta con l’abuso della sua maestria, ha propiziato questo evento.
La pittura è due tavole: una nera e una bianca.
Il nero, che include tutti i segni e colori, è tutta la Pittura.
Il bianco, dove ci sono tutte le intenzioni artigianali di ordine e perfezione è l’assenza.
L’oro li rispecchia e li ignora
Il pittore è cieco, si pone alle spalle del quadro, dipinge con un pennello secco, talvolta umido.
Nel rimuovere il nero fresco, che non si mescola mai con il bianco e oro secchi, non fa altro
che impoverire il nero, la Pittura. Percorre il cammino che va dall’ombra alla luce non per
riprodurre gli effetti della luce, ma per cogliere questa luce alla sua origine, all’interno.
L’occhio è abituato a percepire i segni definiti, quei segni che la volontà del pittore ha inciso
nel suo quadro; qui l’occhio dovrà confrontarsi con i segni indefiniti che solo il caso, le condizioni
atmosferiche e la decisione, a volte errata dell’artista, hanno convertito in opera.
I segni sono cangianti, continuano a muoversi e non cedono alla lo so condizione di immobilità.
Solo l’occhio attento e paziente potrà percepire questo movimento invisibile e scoprire che la tigre
non è una tigre.