Autori
Giuliana Stella
Dario Serra
Studi sul Teatro di Marionette
"“Jugar con las formas…”
L. Marechal, “Adan Buenosayres”
“Due poli: pittura - teatro. Movimento dialettico del pensiero che quando crede afferrare uno dei poli, si scopre nell’altro.
Teatro: successione di forme in movimento che si realizzano nell’immobilità.
Pittura: successione di forme immobili che creano l’illusione del movimento.”
Così Paolo Viola definisce i due poli attorno ai quali ruota la ricerca artistica di Dario Serra.
Come per magia avviene quel dissolversi dall’uno nell’altro tramite un gioco sapiente che è alla
base dell’opera di un artista la cui ricerca si definisce tramite quella attività ludica che è
propria dell’arte e che come tale esplora più a fondo e con maggiore decisione di ogni altra attività,
pur seria e ragionevole che sia; con essa l’artista fa sì che il gioco si risolva in un atto
specificamente estetico, e prendendo possesso di frammenti rivelati del reale ne individua le
dimensioni e ne definisce le forme in uno spazio dove riesce a vivere, a sentire, ed a penetrare la
loro stessa natura: “eso es la poesia”
Può essere lo spazio della musica, può essere lo spazio del teatro, i luoghi delle note o le
armonie gestuali delle marionette; allora leggiamo Kleist con Serra ma leggiamo anche Serra con Kleist.
Ed è proprio in Heinrich von Kleist che nasce il paradosso di due possibilità all’interno dell’arte,
le due concezioni di arte come gioco o di arte come seria profondità: spingendo alle estreme conseguenze
la riflessione avviene un recupero della grazia e la riflessione scompare trasformandosi in gioco;
oppure, visto che non v’è nulla da cercare attraverso la riflessione senza grazia, è la stessa coscienza
aperta senza riserve che coglie l’occasione di mutare in grazia anche la gravità più profonda.
Cosicché la grazia “al tempo stesso appare nel modo più puro in ogni corpo umano che abbia una coscienza
nulla, o infinita, cioè nella marionetta o nel Dio”.
In funzione proprio di un’azione mimica che ha per protagonista una immagine archetipa,
la marionetta non rappresenta ma evoca, di modo che “una esistenza solo apparentemente rapita nella
lontananza, sfocia qui nella presenza”; il mito si ripete.
“La ripetizione…è ricordo portato in avanti”.
Il ricordo, musica senza suono su pagine pentagrammate, “musica mentale da ascoltare ulteriormente”,
o anima senza corpo nella marionetta, si fa subito segno per vivere nella pittura di Dario Serra
come forma ne “lo snodarsi, nel tempo e nello spazio, di una idea, di una intuizione, del dramma…”;
uno spazio che ancora appartiene alla coscienza umana come un mistero informe di cui
l’uomo è consapevole ma che non arriva a concepire, un nulla da cui possono emergere tutte le potenze immaginabili.
“Studi sul teatro di marionette”, occasione, pretesto, ma anche luogo, laboratorio dove si
affinano e si verificano gli strumenti di analisi in un’operazione che ci porta, attraverso il
superamento stesso del concetto di luogo, di campo, di disciplina, ad una sorta di “territorio magico”,
in cui ogni idea ne contiene altre, l’”état prélogique” di Lévy-Bruhl.
“È perfettamente concepibile che la magnificenza della vita sia diffusa intorno ad ognuno,
e sempre nella sua pienezza, ma velata nella profondità, invisibile, molto lontano. Essa si trova
laggiù, non ostile, non refrattaria né sorda. Se la si invoca con la parola giusta, con il suo vero
nome, allora viene”.
Non stupisce quindi, alla luce di quanto detto, la “sottrazione” della marionetta:
eliminazione dell’oggetto stesso dello studio, che ci consente però di avvertirne i contorni e
di coglierne l’essenza come forma.
È allora che sentiamo forte la Presenza di un’Assenza.
“Non si vedono uccelli nella pittura di Paolo Uccello”.