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Catalogo 2011 (PDF)

Autori

Igor Pulcini

LABIRINTO

“…un luogo per la danza simile a quello che
Dedalo, nell’ampia Cnosso, inventò e costruì
per Arianna dai bei capelli”.
Omero

Labirinto è pittura che eccede nello spazio e nel tempo, non è edificio premeditato, è lo straripamento della pittura che lo genera; l’artista si ferma, indietreggia, osserva e chiama Labirinto il risultato di quell’eccesso: Labirinto è la libera invasione dello spazio e del tempo attuata dalla pittura di Dario Serra.

Gli elementi, i materiali, gli strumenti e la tecnica che lo formano, sono tutti sintonizzati sulla costanza di un segno e connessi alla pratica della disappartenenza.

La sinusoide è questo segno costante. I materiali sono smalto nero e lacca: definiscono il luogo umido del nero e della velocità in cui la pittura si manifesta per sottrazione e non conosce altro limite che l’aria che la immobilizza.

Smalto nero e lacca stimolano la fabbricazione e l’uso di nuovi strumenti tattici, l’invenzione di altre protesi grafiche e la messa a punto di vasti repertori di impronte, umane e manufatte, da impiegare in gesti istantanei. La pittura, pervenuta alla condizione tattile di neutralità nera umida, è spazio di virtualità dilatata, pronta alla forma: ora altri agenti possono intervenire e manifestarsi segnali estranei alla mano dell’artista. Tecnica della nolontà ricettiva, istruisce l’artista su itinerari di disappartenenza: prevedere, non fare, subire, far fare; introduce procedimenti aleatori e l’alea pura, include eventi che si possono scatenare ma di cui non si conosce lo svolgimento né l’esito.

Del lavoro non vi è più traccia. Il lavoro dell’artista nel senso di produzione progressiva di idee, di esperimenti, di manufatti, è tempo remoto, substrato che permette ora l’azione artistica di manifestarsi nell’invasamento immediato del gioco; e il gioco trascorre ora in uno spazio aperto, in cui le azioni che vi avvengono simultaneamente sono tutte visibili nel loro svolgimento, Il Labirinto, che è stato enigma, fabbrica pulsante, è divenuto danza: si realizza nell’immediatezza.

Labirinto innesca l’oggettivazione di un sito del nomadismo e dell’occhio costantemente ridefinibile sia nel suo invaso interno, sia nei suoi rapporti con l’esterno, con i contesti spaziali e monumentali ospitanti. Disegna percorsi fluidi a cielo aperto, sempre comunicanti con l’esterno; è spazio pubblico di deambulazione, di ascolto, di incontro, di erranza e percorrenza conoscitiva: è connesso con il suono, la luce, la danza; con l’intorno.

Labirinto è un luogo mutante che si dota costantemente di nuove funzioni, che si offre al pubblico in maniera sempre diversa: è insieme teatro, luogo in cui si guarda, e pinacoteca; transita da segno a scena, a suono: motore e contenitore di eventi spettacolari e riti collettivi.

Per sua natura di aggiungere, sottrarre, permutare, flettere, sconnettere, Labirinto postula l’infinitezza: la rende praticabile.