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Catalogo 2011 (PDF)

Autori

Claudio Cresentini

ADRIANI AMASIVS

Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, trattando del disegno, osserva: «Extrema corporum facere et desinentis picturae modum includere rarum in successu artis invenitur»; così come per la linea: «Ambire enim se ipsa debet extremitas et sic desinere ut promittat alias post se ostendatque etiam quae occultat». In questo modo lo storico già suggerisce uno dei fondamenti relativi al disegno: la pratica, considerata però solo come realtà preparatoria oggettuale del prodotto futuro.

Con attitudine moderna, non possiamo trascurare però il valore concettuale legato all’attività disegnativa, arrivando così alla valorizzazione proprio dell’istante ideativo ed intellettivo dell’arte del disegno, fermandone il legame elettivo con altre attività reputate integralmente intellettuali, come la filosofia e la poesia.

Determinazioni queste riscontrabili nell’opera grafica di Dario Serra, dinanzi alla quale ritroviamo il segno «fondamento(…) e principio dell’arte», come già suggeriva nell’ultimo scorcio del Trecento Cennino Cennini, ma con qualcosa in più. L’artista infatti presenta una serie di disegni considerati come progetto di se stessi, con procedimento ideativo a sé stante, distaccati dalla progettualità a venire.

Sentito in questo modo il disegno avverte, nella propria intrinseca concettualità, il suo essere assoluto e non più singolo elemento di un processo «in fieri».

Disegno come «apparente dimostrazione con linee di quello, che prima dell’animo l’houmo si avea concetto e nell’idea imaginato», scrive Raffaello Borghini nel trattato Il Riposo (1584), il quale, sulla scia di una metodologia fortemente vasariana, tende ad esaltare la capacità inventiva dell’artista, portando così a «gran pregio» il disegno, visto come tecnica della rifinitura, del modellato, oltre che come puro traduttore dell’Idea originaria.

Sulla medesima onda interpretativa le creazioni di Dario Serra, opere-idee di assoluta pratica e contaminazione storica: Storia come Idea.

Scorrendo i suoi disegni non possiamo rimanere insensibili alle ricreate rimembranze iconografiche: dalla finezza anatomica del Doriforo di Policleto, al luminismo di Fidia; riconoscibile il profilo della «Statua Braschi» e la bocca della «Testina» di Berlino, così come la contemplativa malinconia del busto di Atene e la mano della statua di «Antinoo» di Eleusi che regge il sacro tirso. Ma e proprio grazie ai tanti possibili riferimenti che Serra riesce pur sempre a rimanere unicamente Serra, facendo in modo che i motivi «all’antica», siano resi soprattutto per il loro valore progressista.

Infatti l’artista sembra voler carpire dall’antico i repertori della dinamica del corpo umano, ritrovando l’arguzia concettuale dei maestri. Non rinuncia infatti all’uso della «poudre de crayon», delicatamente spolverata sul modellato, affinando così una tecnica già da anni sperimentata, ma nello stesso tempo frenando quell’impulso alla dissolvenza delle forme in atto nelle opere precedenti, puntando invece su un modulo percettivo di estrema resa naturalistica.

La sua pittura, già dal 1974 caratterizzata dal bipolarismo «bianco dal nero» si esalta ora al ribaltamento del sinuoso gioco creativo, proponendo «neri» segni tracciati sul «bianco» candore del foglio.

Passando attraverso quello che, in una compromettente lettura alchemica, rappresenterebbe l’innalzamento dall’iniziale «nigredo» al secondo stadio dell’«opus»: l’«albedo».

Serra, con queste opere, sembra volerci indicare un ulteriore passaggio, conducendoci così fino alle soglie di una propria nuova estetica, attraverso la quale, segni e disegni divengono cifra stilistica dall’incantatorio impatto visivo finale.

L’argomento affrontato: Antinoo, il «favorito di Adriano», è reinterpretato al suono di rifrangenze letterarie che vanno da Dione Cassio e Marguerite Yourcenar.

Serra sembra così inebriarsi alla fonte della nostalgia storico-letteraria, inventando un ricco repertorio di modelli statuari, nella ricerca di una purezza irrevocabilmente persa nell’enarmonico contemporaneo, ma sentita ancora viva in profondità.

L’artista sceglie l’«impaginazione» del disegno all’antica, o per meglio dire di tradizione medievale, radunando soggetti diversi in un unico foglio, sul «recto» e sul «verso».

Una ricca miscellanea di segni dominanti, interpreti dei ricordi, delle «gesta», dei sogni dell’amante regale, seguendo nella pagina una disposizione fintamente casuale, come nel rivelare la presenza di «copie dal vero» realizzate in tempi e occasioni diverse.

In un tripudio di segni e raccordi iconografici, l’artista sviluppa una vera e propria celebrazione di Antinoo: dionisiaco, «Agatodaimon» - genio dell’abbondanza, dio donatore di bene – Vertumno, un Antinoo Bacco e un Antinoo Osiride.

«Giochi antinoei» propone Serran condotti sulla punta di un pennino virtuoso, fino all’esaltazione di un‘opera di grandi dimensioni, nero su bianco, eseguita alla polvere di matita: «Busto di Antinoo».

Lo sguardo storicizzato, giocando sulle immagini, porta alla suggestiva lettura delle opere di Dario Serra, come studi di antichità al pari di quelli realizzati dal Pisanello nel Quattrocento, su soggetti religiosi, profani ed antiquariati.

Altro riflesso iconografico re-interpretato in una visione meta-storica del passato, «antico ritorno», «recherche» litografica, ri-scoperta di se stessi, delle proprie radici.

Un salto così all’indietro, fino a sentirsi «hic et nunc».